La problematica sollevata ad almeno tre profili di valutazione: la tutela delle condizioni di lavoro; la tutela della sicurezza degli abitanti dello stabile; la tutela della sicurezza della popolazione residente e dell'ambiente. Per quanto attiene al primo profilo, vi è da dire che l'amministratore di condominio è il soggetto riconducibile alla figura del datore di lavoro: ciò, del resto, è stato espressamente riconosciuto anche dalla Circolare esplicativa del Ministero del lavoro 5 marzo 1997, n. 28 (punto 1: "il datore di lavoro nei condomini va individuato nella persona dell'amministratore condominiale pro-tempore"). Peraltro l'equiparazione amministratore di condominio-datore di lavoro presuppone che questi abbia, alle sue dipendenze, lavoratori subordinati: e tali sono non soltanto quelli stricto sensu intesi, secondo la definizione che ne dà l'art. 2, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 626/1994, ma anche - e ordinariamente, alla luce dell'esperienza concreta - i lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato. Sul tema specifico, la circolare esplicativa del Ministero del lavoro 5 marzo 1998, n. 30 ha poi stabilito (punto 2) che con la locuzione "lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato" si deve far riferimento, oltre che ai portieri, anche "a tutti i lavoratori subordinati che prestino la loro attività nell'ambito di un condominio, con mansioni affini a quelle dei portier" (ad esempio, nel disimpegno del servizio di pulizia-scale, o di quello di giardinaggio, ecc.). La citata circolare ha ulteriormente chiarito che restano ovviamente esclusi dalla categoria dei portieri-lavoratori subordinati tutti coloro che "prestino la loro attività con contratto di lavoro autonomo", e cioè a norma degli artt. 2222 e seguenti del codice civile (valendo in tal caso a carico dell'amministratore gli obblighi di cui all'art. 7 del D.Lgs. n. 626/1994, se sia presente nel condominio almeno un (altro) lavoratore subordinato, ovvero quelli generali del neminem laedere, facenti capo al profilo di responsabilità extracontrattuale di cui agli artt. 2043 e ss. c.c.). Nell'ipotesi della presenza, nel condominio, di aree di subordinazione convenzionale, faranno capo all'amministratore condominiale tutti gli obblighi previsti per il datore di lavoro (adattati, ovviamente, alla realtà del condominio); invece, nel caso di lavoratori con contratto privato di portierato, o svolgenti mansioni affini a quelle dei portieri, l'art. 1, comma 3 del D.Lgs. n. 626/1994 prevede che le norme del decreto si applichino soltanto "nei casi espressamente previsti". Si tratta, in buona sostanza, degli obblighi legati alla informazione e alla formazione professionale dei lavoratori (artt. 21 e 22 del decreto): rispetto ai quali la citata Circolare del Ministero del lavoro n. 30/1998 ha precisato che l'adempimento di detti obblighi deve ritenersi soddisfatto - e può conseguentemente essere svolto - "anche senza adempiere l'obbligo di valutazione dei rischi documentata per iscritto di cui all'art. 4, obbligo che non trova applicazione per i datori di lavoro in questione (amministratori di condominio). Pertanto, in tal caso, la formazione e l'informazione avranno ad oggetto i criteri comportamentali di sicurezza, relativi alle attività svolte, individuati al di fuori di una valutazione dei rischi documentata per iscritto". Si badi che, secondo l'indicazione ministeriale, l'esenzione dall'obbligo della valutazione dei rischi riguarda il solo aspetto della elaborazione scritta del documento di valutazione, non l'attività di valutazione in senso stretto: come dire che i fattori di rischio dovranno essere comunque tutti oggetto di valutazione (art. 4, comma 1 del D.Lgs. n. 626/1994), senza tuttavia che sia necessaria la redazione del Piano di sicurezza (art. 4, comma 2 del D.Lgs. n. 626/1994). Ciò significa, ad esempio, che nella valutazione del rischio di incendio, l'amministratore di condominio, seppure esentato in ogni caso (anche oltre i limiti previsti dall'art. 5 del decreto del Ministero degli Interni 10 marzo 1998) dalla redazione del Piano di emergenza, sarà comunque tenuto all'adozione delle "necessarie misure organizzative e gestionali". A fronte della ragionevole esenzione dall'obbligo di redazione del Piano di sicurezza, l'amministratore di condominio non potrà rispondere, sul piano contravvenzionale, del reato di omessa valutazione dei rischi (fattispecie sanzionata dal comma 2 dell'art. 4 del D.Lgs. n. 626/1994) né di quello di omessa rielaborazione dei rischi (fattispecie sanzionata dal comma 7 dell'art. 4 del D.Lgs. n. 626/1994); peraltro, nonostante tale assoluta estraneità a profili di responsabilità contravvenzionale, non vi è dubbio che l'amministratore potrà essere chiamato a rispondere -in caso di sua condotta colposa- in termini di responsabilità penale, ai sensi degli artt. 589 o 590 del codice penale, laddove il portiere o altro lavoratore a questi assimilabile sia stato vittima di un infortunio sul lavoro o abbia contratto una malattia professionale. Ciò che manca è peraltro, come si è già detto, una responsabilità di tipo contravvenzionale.
Laddove poi il condominio commissioni, nella forma del contratto di appalto, lavori edili o di ingegneria civile ricadenti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 494/1996 (cantieri temporanei o mobili), è indiscutibile che la figura del committente è del tutto legittimamente ascrivibile all'amministratore del condominio (non all'assemblea, che, quale organo competente alla delibera di effettuazione dei lavori, assume con ciò la veste di committente solo in senso formale, non involgente il profilo dell'esposizione a responsabilità penali). Dal che consegue che gli obblighi facenti capo al committente (artt. 3, 6, 20 del D.Lgs. n. 494/1996) sono destinati a ricadere sull'amministratore di condominio. Per quanto attiene al secondo profilo (tutela della sicurezza degli abitanti dello stabile), l'amministratore di condominio dovrà curare il rispetto della normativa tecnica e legislativa in materia di sicurezza degli impianti presenti (elettrici, termici, etc.), curando i rapporti con le ditte incaricate dell'installazione e/o della manutenzione degli stessi, nonché con gli Enti e le Istituzioni competenti (per Cass. pen., sez. III, 14 aprile 1976, Zucca, fa capo all'amministratore del condominio l'obbligo, sanzionato penalmente, di denunciare al comando provinciale dei vigili del fuoco la installazione dell'impianto di riscaldamento al fine di consentire il collaudo dell'impianto stesso). La violazione di questi obblighi può essere fonte sia di responsabilità civile (di natura contrattuale nei confronti del condominio, di natura extracontrattuale nei confronti dei terzi danneggiati), sia di responsabilità penale nel caso dell'insorgere di una situazione di pericolo (ad esempio, art. 677 c.p. : omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina, anche se mentre una parte della Giurisprudenza ritiene che tale responsabilità ricada prioritariamente sull'amministratore (Cass. pen., sez. I, 20 novembre 1996, Brizzi ed altro), altra parte della Giurisprudenza, più rigorosamente, ritiene che nel caso di mancata formazione della volontà assembleare che consenta all'amministratore di adoperarsi al riguardo, sussiste a carico del singolo condomino l'obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dall'attribuibilità al medesimo dell'origine della stessa - Cass. pen., sez. I, 13 aprile 2001, De Marco) o del verificarsi di eventi di danno (ad es. quello previsto dal combinato disposto degli artt. 434, 449 c.p. : crollo colposo di costruzioni).
Per quanto attiene al terzo profilo (tutela della sicurezza della popolazione residente e dell'ambiente), sia nell'ipotesi in cui l'amministratore di condominio ricopra la qualifica di datore di lavoro, sia nell'ipotesi contraria, sarà a lui riferibile il dovere di rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno. Ciò gli compete, se sia datore di lavoro, in base ad alcune esplicite previsioni del D.Lgs. n. 626/1994 [in particolare gli artt. art. 2, comma 1, lett. g) e art. 4, comma 5, lett. n)]; e, più in generale e in ogni caso, in base al già citato obbligo-principio del neminem laedere di cui all'art. 2043 del codice civile.

 
 

GIURISPRUDENZA

Cass. pen., sez. III, (ud. 14 marzo 1975) 14 aprile 1976, n. 4676 - Pres. Marmo, Rel. Provitera-Zucca - P.M. Sullo
Reato - Causalità (rapporto di) - Obbligo giuridico di impedire l'evento - Personalità della responsabilità penale - Responsabilità di amministratore di condominio - Fondamento: rapporto di causalità in ordine alla omissione di una condotta dovuta.

La responsabilità penale dell'amministratore di condominio va considerata e risolta nell'ambito del capoverso dell'art. 40 Cod. pen., che stabilisce che 'non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo. Per rispondere del mancato impedimento di un evento è, cioè, necessario, in forza di tale norma, l'esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo: detto obbligo può nascere da qualsiasi ramo del diritto, e quindi anche dal diritto privato, e specificamente da una convenzione che da tale diritto sia prevista e regolata com'è nel rapporto di rappresentanza volontaria intercorrente fra il condominio e l'amministratore.

 Cass. pen., sez. I, (ud. 19 giugno 1996) 7 agosto 1996 , n. 7764 - Pres. Valiante - Rel. Canzio-Vitale Reati contro l'incolumità pubblica - Contravvenzioni - Omissione di lavori in edifici o altre costruzioni che minacciano rovina - Edifici condominiali - Responsabilità dell'amministratore - Sussistenza - Ragioni.

Negli edifici condominiali, l'obbligo giuridico di rimuovere il pericolo derivante dalla minacciante rovina di parti comuni della costruzione - la cui violazione integra il reato contravvenzionale di cui all'art. 677 cod. pen. - incombe sull'amministratore, pur potendo esso risorgere in via autonoma a carico dei singoli condomini qualora, per cause accidentali, l'amministratore non possa adoperarsi allo scopo suindicato con la necessaria urgenza. L'amministratore è infatti titolare "ope legis" - salvo diverse disposizioni statutarie o regolamentari - non solo del dovere di erogazione delle spese attinenti alla manutenzione ordinaria e alla conservazione delle parti e servizi comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1130 nn. 3 e 4 cod. civ., ma anche del potere di "ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente" con l'obbligo di "riferirne nella prima assemblea dei condomini", ai sensi dell'art. 1135 comma secondo cod. civ., di talché deve riconoscersi in capo allo stesso l'obbligo giuridico di attivarsi senza indugio per la eliminazione delle situazioni potenzialmente idonee a cagionare la violazione della regola del "neminem laedere".

 Cass. pen., sez. VI, (ud. 22 aprile 1980) 24 luglio 1980, n. 9206 - Pres. Tafuri, Rel. Desiderio-Lavagna Reati contro l'incolumità pubblica - Contravvenzioni - Omissione di lavori in edifici o altre costruzioni che minacciano rovina - Edificio in condominio - Lavori riguardanti le parti comuni - Responsabilità del singolo condomino - Esclusione.

La responsabilità del singolo condomino per la contravvenzione all'art. 677 Cod. pen. può essere affermata solo quando il pericolo di rovina abbia avuto origine nell'ambito della parte di edificio della quale il condomino stesso è proprietario esclusivo, perché al compimento dei lavori delle parti comuni debbono provvedere, secondo i casi, l'amministratore o l'assemblea dei condomini, mentre ciascun condomino, per la disposizione dell'art. 1134 Cod. civ., ha la facoltà e non l'obbligo di anticipare le somme necessarie per i lavori urgenti.

 Cass. pen., sez. IV, (ud. 8 gennaio 1982) 14 aprile 1982, n. 3788 - Pres. Puglisi - Rel. Nigro- Nicoli
Reati contro la persona - Delitti contro la vita e l'incolumità individuale - Omicidio colposo - In genere - Concorso formale con il delitto di crollo colposo - Possibilità. Reati contro l'incolumità pubblica - Delitti - In genere - Crollo colposo - Concorso formale con il delitto di omicidio colposo - Possibilità.

È ipotizzabile il concorso formale tra i reati di omicidio colposo e di crollo colposo poiché con una unica condotta colposa si possono determinare i due eventi, di pericolo per la pubblica incolumità, e di danno, per l'omicidio. Pertanto non può ritenere assorbito nel primo il secondo reato, essendo distinta l'oggettività giuridica dei due delitti.